ROUHANI ALL'ONU
Postato il 27/09/2013 di cdcnet
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DI PEPE ESCOBAR
counterpunch.org
È venuto. Ha ascoltato. E ha fatto surf.
“Ho ascoltato attentamente le dichiarazioni fatte oggi all’Assemblea
Generale dal presidente Obama … [Io] spero che si eviterà di seguire gli
interessi a breve termine dei gruppi di pressione guerrafondai e che si
potrà creare un contesto nel quale gestire le nostre differenze”.
Poi ha sottolineato quella che è sempre stata la posizione ufficiale
dell’Iran: “Le trattative possono sempre avere luogo, su un piano di
parità e governate da mutuo rispetto ”.
Poi ha parlato delle sue aspettative (in effetti, quelle di tutto il
mondo): “Di certo, ci aspettiamo di sentire una voce coerente provenire
da Washington. Negli ultimi anni, la voce dominante appoggiava
un’opzione militare”.
Ma adesso ha un’altra idea. Quindi si prepara per la battuta finale: è
l’ora della WAVE [ONDA]. Intraducibile in farsi, WAVE sta per World Against
Violence and Extremism.
“Come primo passo propongo … e invito tutti gli Stati … a compiere
nuovi sforzi per guidare il mondo in questa direzione … dovremmo
iniziare a pensare a un'alleanza per la pace in tutto il mondo, invece
che alle inefficaci coalizioni belliche”.
Così il presidente della Repubblica islamica dell’Iran, Hassan Rouhani,
ha praticamente invitato l’intero pianeta a unirsi alla WAVE. Come mai
nessun leader della “coalizione dei volenterosi” ci aveva mai pensato?
Si tratta di un’entrata sulla scena mondiale che spacca (qui
il testo completo del discorso di Rouhani, in inglese, che merita
un’attenta lettura). Rouhani è stato pacato e composto, ma alquanto
efficace nello sfatare “la propaganda immaginaria della minaccia
iraniana”, nel sottolineare gli orribili effetti delle sanzioni e nel
ribadire la speranza che il Muro di Sfiducia tra Washington e Teheran
possa essere abbattuto dopo 34 anni.
A Obama va riconosciuto il merito di aver tentato duramente di non
essere messo in ombra. Ci sono voluti non meno di 60 anni perché un
presidente americano ammettesse finalmente che Washington era implicata
nel rovesciamento del governo democraticamente eletto di Mossadegh nel
1953 (anche se la formula usata nel discorso scritto per lui era
estremamente superficiale).
Obama ha riconosciuto ufficialmente la fatwa della Guida Suprema,
l’ayatollah Khamenei contro le armi nucleari (provate a immaginare
l’amministrazione Bush fare una cosa del genere). E ha detto apertamente
che Washington non vuole un cambiamento del regime di Teheran –
accelerando così il prossimo attacco di cuore dell’ex vice presidente
Dick Cheney. Obama ha persino menzionato le parole magiche “rispetto
reciproco”.
Per quanto riguarda il colpo di grazia cinematografico – l’incontro
“causale” o la stretta di mano nei corridoi dell’ONU – non sarebbe mai
potuto accadere così presto. Sia Rouhani che Obama sono sotto il peso di
enormi pressioni dei falchi di entrambe le parti e finora non c’è
niente di considerevole in gioco.
Eppure, mentre cercava di mandare tutti i segnali giusti a Teheran,
Obama non ha saputo proprio resistere: “Credo che l’America sia
eccezionale, in parte perché abbiamo mostrato, attraverso il sacrificio
di vite e di denaro, la volontà di batterci non solo per i nostri
meschini interessi personali, ma nell’interesse di tutti”.
Il corollario: ha continuato a spingere per una risoluzione del
Consiglio di Sicurezza dell’ONU che autorizzi il bombardamento di
Damasco nel caso qualcosa andasse storto durante il disarmo delle armi
chimiche siriane. Questo per “l’interesse di tutti” – come per Israele e
la dinastia Saud.
La sconvolgente maggioranza del mondo reale, tuttavia, si occupa di
ricordare al presidente degli Stati Uniti che l’America non è affatto
eccezionale, a partire dal presidente russo Vladimir Putin con la sua
posizione nel caso dello spione Edward Snowden e nella crisi siriana,
fino alla presidentessa brasiliana Dilma Rousseff, la quale in un mordace discorso
ha definito lo spionaggio della NSA come un “affronto”. Non è un caso
che i quattro membri originali del BRICS, Russia, Brasile, India e Cina,
vengano spiati da sempre.
La WAVE travolgerà i falchi?
Dopo la catarsi dell’ONU, la scena è pronta per l’inizio, questo
martedì, del lavoro duro, quando il Segretario di Stato americano John
“Assad è come Hitler” Kerry si incontrerà con il Ministro degli Affari
esteri iraniano Javad Zarif nel quadro dell’incontro multilaterale P-5+1
(i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più la
Germania).
I punti chiave del sentiero da percorrere sono chiari. Il chiarimento
completo dei dettagli concernenti il legittimo e pacifico programma
nucleare iraniano dovrebbero andare di pari passo allo smantellamento
delle sanzioni. Lo sporco blocco di Washington sulle vendite di petrolio
dell’Iran non funziona: nessuno, dalla Cina all’India e oltre, smetterà
di comprare l’energia iraniana perché lo dicono gli USA. L’Iran,
inoltre, dovrebbe anche essere reintegrato nel meccanismo mondiale di
scambio bancario.
Qui, Trita Parsi, presidente del National Iranian American Council,
sottolinea dei punti estremamente importanti. Il momento – per una serie
di circostanze – potrebbe essere perfetto, ma la finestra delle
opportunità non resterà aperta a lungo.
Si ritorna sempre sullo stesso dilemma: Obama ed il suo staff avranno le
palle di spuntarla sulla lobby israeliana, la dinastia saudita, i
neo-con e i vari guerrafondai da scrivania di Washington? In caso
negativo, la vittoria del Partito della Guerra rispecchierà la vittoria
anti-Rouhani di Teheran – con conseguenze devastanti.
Quindi sì, la posta in gioco non poteva essere più alta. Quello di cui il mondo ha bisogno ora è ONDA dopo ONDA dopo ONDA.
Pepe Escobar
Fonte: www.counterpunch.org
Link: http://www.counterpunch.org/2013/09/26/rouhani-at-the-un/
26.09.2013
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO
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