DI PEPE ESCOBAR
rt.com
Immaginate l’incontro tra il presidente americano Barack Obama ed il
presidente iraniano Hassan Rouhani di martedì prossimo, il 24 settembre,
nelle retrovie dell’Assemblea Generale dell’ONU a New York. No, non è
un’allucinazione.
Si tratterebbe di un primo cauto passo per cercare di fare breccia
nell’impenetrabile Muro di Sfiducia che Washington e Teheran tengono in
piedi da 34 anni. Ciò è diventato possibile in seguito all’ammissione da
parte di Obama nel corso di un’intervista (1) dell’esistenza di uno
scambio di lettere tra lui e Rouhani.
La strada percorsa da quando l’ex presidente Jimmy Carter incontrò lo
Scià di Iran Reza Pahlavi nel 1977 è stata inevitabilmente lunga,
tortuosa e odiosa. Il tempismo è perfetto. Anche se si tratta solo di
un’occasione per una fotografia inscenata in un oscuro corridoio
dell’ONU, nella quale entrambe le parti potrebbe plausibilmente negarsi,
i falchi di Teheran, ma soprattutto di Washington, hanno lavorato per
anni per evitare quest’incontro. Non è un caso che la Casa Bianca ha
preventivamente negato qualsiasi possibile incontro (2).
Tecnicamente, Rouhani ha già fermato la guerra, dal momento che Teheran
ha lavorato a stretto contatto con Damasco e Mosca, ideando una
soluzione per l’impasse delle armi chimiche siriane. Rouhani è in
modalità “alti interessi diplomatici”. La scorsa settimana, ha
incontrato sia il presidente russo Vladimir Putin che il presidente
cinese Xi Jinping ai margini del vertice annuale dell’Organizzazione di
Shangai per la Cooperazione (SCO) in Kirghizistan. Non hanno discusso
solo della questione nucleare, ma anche di un comune progresso
strategico.
Il gioco di Obama
L’intervista a Obama, registrata prima che il tentativo di accordo a
Ginevra tra il Segretario di Stato John Kerry ed il ministro degli
esteri russo Sergey Lavrov avesse successo, offre una prospettiva sul
gioco di Obama.
Per la prima volta Obama ha ammesso che l’Iran dovrebbe partecipare a
risolvere la situazione in Siria se viene riconosciuto “che ciò che sta
accadendo è un disastro che non colpisce solo i siriani, ma che sta
destabilizzando l’intera regione”. Di fatto, Teheran sta cercando di
farlo capire a Washington da mesi, addirittura avvertendo del fatto che i
“ribelli” avevano accesso alle armi chimiche.
In seguito, tuttavia, Obama è ritornato al solito vecchio messaggio:
“Credo che gli iraniani capiscano che la questione del nucleare è per
noi un problema decisamente maggiore rispetto alla questione delle armi
chimiche, che la minaccia che un Iran nucleare costituisce per Israele è
molto più vicina ai nostri interessi vitali. Che una corsa
all’armamento nucleare è qualcosa che potrebbe destabilizzare
profondamente la regione”.
Come se Obama fosse il pupazzo ventriloquo di Tel Aviv.
Neanche a farlo apposta, una minaccia non poteva che essere più
esplicita: “Il mio sospetto è che gli iraniani concludano che dato che
non abbiamo colpito non colpiremo neanche l’Iran”.
Consideratelo un altro caso di schizofrenia politica. Eppure, Obama
sembra lasciare la porta della diplomazia mezza aperta: “Sapete, i
negoziati con gli iraniani sono sempre difficili. Non credo che questo
nuovo presidente faciliterà subito le cose. Ma sapete, io credo che … se
si combinano una minaccia credibile di forza con un impegno diplomatico
rigoroso, allora si può davvero trovare un accordo”.
La Casa Bianca è stata molto più sfacciata, rubandosi il merito di Mosca
per l’accordo Kerry-Lavrov – quando di fatto sono state le negoziazioni
tra Mosca, Teheran e Damasco a salvare la presidenza di Obama dal
disastro assoluto.
Obama ha avuto la faccia tosta di dichiarare di aver agito secondo un
piano degli USA usando Mosca per neutralizzare le armi chimiche siriane e
poi aprire la strada verso la transizione politica in Siria.
Inoltre, l’attuale confusione circa la natura della risoluzione ONU che
dovrà regolare lo smantellamento delle armi chimiche di Damasco già
rivela che Washington, Londra e Parigi stanno facendo tutto quanto in
loro potere per disfarsi dell’accordo di Ginevra ancora prima della sua
implementazione.
La Cina e la Russia non accetteranno mai che il dossier siriano cada
sotto il Capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite, in una cornice
stile Iraq. La verifica e l’implementazione vanno bene, ma non
l’imposizione di “disposizioni” (come in una guerra) sotto il Capitolo 7
da parte del Consiglio di Sicurezza in caso di inadempienza della
Siria.
“L’inadempienza” varia da un attacco dei “ribelli” contro gli ispettori
fino a inscenare un’operatività sotto falsa bandiera per coinvolgere il
governo.
Per una visione d’insieme
Ecco l’Obama ingannevole in azione: “Questa non è la guerra fredda. Non è
una gara tra gli Stati Uniti e la Russia. Intendo dire che se la Russia
vuole esercitare una qualche influenza nella Siria post-Assad, ciò non
colpisce i nostri interessi”.
Di fatto, questo suona molto post-guerra fredda – anche se molti nella capitale conservano ancora quella mentalità.
Non c’è bisogno di un saggio freudiano o lacaniano per esaminare quanto
Obama sia irritato da Putin che gioca agli scacchi geopolitici elevando
la posta – mentre Obama gioca a dama da solo e perde: prima il caso
Snowden; poi Mosca che salva Obama dalla sua stessa “linea rossa” con
una lesta mossa diplomatica; infine, Putin scrive un editoriale sul New
York Times, spazzando via l’eccezionalismo americano, visione
abbracciata praticamente da tutto il mondo industrializzato.
Nella sua intervista Obama ci ha tenuto a sottolineare che lui e Putin
non hanno niente in comune quando si tratta di valori e di politica. Ha
riconosciuto “l’importanza del ruolo” di Putin nell’assumersi “la
responsabilità di punire … il suo cliente, il regime Assad”.
Eppure, tradendo di nuovo la sua considerazione limitata della guerra
fredda, ha dovuto invocare l’incapace lettore di schede e fautore dei
“combattenti per la libertà”, l’ex presidente Ronald Reagan: “Beh,
sapete, Ronald Reagan ha detto: Fidati ma verifica. Credo che questa sia
sempre stata l’esperienza dei presidenti americani al momento di
interagire con i leader sovietici, prima, e russi, oggi”.
La visione d’insieme, tuttavia, sembra essere immensamente più complessa
della riduzione di Obama. Può essere sintetizzata in 4 punti chiave:
• Putin e le sue strategie eurasiatiche NON mirano all’integrazione della Russia nel sistema unipolare a guida anglosassone;
• Quello che Putin – e anche il presidente Xi Jinping e gli altri
leader dei BRICS, insieme all’Indonesia, l’Argentina e l’Iran – vuole è
un ordine internazionale multipolare regolato dal diritto e senza
l’egemonia statunitense;
• Ecco perché la Siria è davvero una linea rossa per Russia, Cina e Iran;
• Il che ci porta alla grande visione d’insieme: per Mosca e Pechino –
oltre che per altri attori chiave del mondo in via di sviluppo – ciò che
conta è cambiare, lentamente ma certamente, l’attuale ordine mondiale.
Una cosa alla volta.
Un esempio grafico (3) di questo processo sono stati gli incontri al
vertice SCO della scorsa settimana tra Putin, Xi e Rouhani.
Ho analizzato alcune delle implicazioni politiche, economiche e
commerciali – che vanno dalla nuova Via della Seta fino alla Rete
Asiatica di Sicurezza Energetica. Nessuno vorrà ammetterlo apertamente,
ma non è affatto certo che il trio abbia analizzato il vero significato
dello scambio di lettere tra Rouhani e Obama.
Nel suo ottimismo, Obama si sta anche impegnando per dare lì impressione
che Washington stia mettendo Mosca contro Teheran – ma non è così.
Russia, Cina e Iran stanno tessendo una relazione strategica molto
complessa e questo va ben oltre la questione siriana e quella nucleare
iraniana.
Dopo il ruolo svolto nel caso Snowden e ora nella questione delle armi
chimiche siriane, è convinzione sempre maggiore della vera “comunità
internazionale” – non la finzione invocata da Washington – che la Russia
è tornata ad essere una grande potenza. La scacchiera si apre a miriadi
di possibilità.
Mosca sta per aumentare la sua già notevole influenza sul flusso di
energia verso l’Europa occidentale. Sulla scia di una richiesta
internazionale sempre maggiore dal petrolio al gas naturale, la Russia
aumenterà la sua influenza sulla distribuzione e sulla vendita del gas
naturale nel Mediterraneo orientale.
Inoltre, aumenterà la sua influenza come fornitore principale di armi di
prima classe, da sofisticati sistemi missilistici fino a caccia stealth
come il Sukhoi T-50.
Non permetterà ai jihadisti radunato in Siria di spostarsi di 900 km e sconvolgere ancora una volta il Caucaso.
Anche se deve competere con la Cina per le risorse energetiche dell’Asia
centrale, sta lavorando ad una situazione win-win in cui entrambi i
Paesi trarranno i benefici di maggiori accordi commerciali ed
energetici.
Questa analisi può apparire confusa, ma tocca tutti i punti cruciali.
L’attuale movimento delle placche tettoniche della geopolitica è tutto
basato sull’allontanamento, lento ma certo, dal petrodollaro, con
conseguenze enormi.
La zona toccata da gasdotti, ovviamente, gioca un ruolo centrale – da
quello tra Iran e Pakistan (contro Washington e ora con una possibile
estensione alla Cina) fino alla proposta del gasdotto da 10 miliardi di
dollari tra Iran, Iraq e Siria (che oltrepassa il Qatar e la Turchia,
non a caso entrambi inclini ad un cambiamento di regime in Siria).
Attenti ai guastafeste
E questo ci riporta all’Iran. Ci sono attori che faranno di tutto per
impedire un dialogo significativo tra Teheran e Washington: Israele e le
petro-monarchie del Golfo, specialmente l’Arabia Saudita.
Per Israele, Teheran è la perfetta “minaccia esistenziale” architettata e
usata come tattica diversiva dal vero problema: il regime di apartheid
imposto sui palestinesi occupati.
Per la dinastia, Teheran è la perfetta “minaccia esistenziale” sotto
forma di sciiti “apostati”, che si dà il caso governino uno Stato molto
più sofisticato di regno intollerante, wahabita, neo-barbarico e
petrolifero.
Come se non bastasse, lo scaltro Bandar Bush, pieno di soldi, non
smetterà di giocare la carta del settarismo e di armare fino alla morte
diverse fazioni “ribelli”, inclusi jihadisti esperti in Siria.
Entrambe le lobby – Israele e la dinastia Saud – sono estremamente
influenti su Washington e sanno benissimo che l’eccezionalismo americano
è ossessionato dalla “credibilità”. Quindi, non smetteranno di gonfiare
il pallone della “credibilità”. La questione è se, dopo aver frantumato
la “credibilità” con il fiasco della “linea rossa”, lo zigzagante Obama
raccoglierà il coraggio diplomatico per iniziare veramente a buttare
giù il Muro della Sfiducia.
Una cosa è certa: non è pensabile che possa mettere da parte il suo ego da scolaretto e chiedere l’aiuto di Putin.
Pepe Escobar
Fonte: http://rt.com
Link: http://rt.com/op-edge/obama-iran-meeting-syria-dossier-972/
17.08.2013
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO
1) http://www.youtube.com/watch?v=e9dnWrC13jg
2) http://www.presstv.com/detail/324341.html
3) http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/MID-04-130913.html
4) http://news.goldseek.com/GoldenJackass/1377892800.php
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